IL CONCORDATO ''MISTO''
Nel Concordato Preventivo è possibile prevedere la cessione di beni (art. 160 LF) anche di proprietà di terzi: in questo caso si parla di “concordato misto”.
Sono terzi anche i soci illimitatamente responsabili della società in concordato: ne consegue che, da un lato, detta procedura non si estende al loro patrimonio personale e dall’altro lato che (come risulta dall’art. 184, comma 2, l. fall.) costoro profitteranno, salvo patto contrario ([1]), dell’effetto esdebitatorio prodotto dalla medesima: tali soggetti hanno, dunque, interesse ad eventualmente supportare con propri beni il piano concordatario della società onde evitare il fallimento sia di essa che (ex art. 147 l. fall.) proprio.
Occorre precisare che tale effetto esdebitatorio si produrrà anche per il socio illimitatamente responsabile che abbia prestato fidejussione (dovendo la previsione del comma 2 dell’art. 184 l. fall. prevalere su quella del comma 1, per la quale i creditori concordatari «conservano impregiudicati i diritti contro… i fideiussori del debitore»), ma non anche per quello che abbia concesso una garanzia ipotecaria ([2]).
I beni messi a disposizione dai terzi non hanno le tutele del patrimonio del debitore il quale dalla data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese viene protetto da aggressioni di terzi ([3]).
Mentre il debitore secondo l’art. 167, commi 1 e 2, LF durante la procedura di concordato conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale, e può compiere atti di straordinaria amministrazione solo previa autorizzazione del giudice delegato, a pena di loro inefficacia rispetto ai creditori anteriori al concordato, i terzi non hanno alcuna limitazione ad agire.
Questi ultimi possono, dunque, liberamente disporre dei beni oggetto del loro apporto e pertanto per l’attuazione del Concordato occorre utilizzare forme negoziali idonee a risultare opponibili ai terzi, come quelle dell’ipoteca o del pegno, quella della cessio bonorum da trascriversi ex artt. 2649 e 2687 c.c. ovvero quella del negozio destinatorio.
Non è prevista la trascrizione del decreto di ammissione al concordato sui beni offerti dal terzo ed anche a volerla ritenere possibile, ad essa parrebbe doversi collegare un effetto (non già di pubblicità dichiarativa, bensì) di mera pubblicità-notizia in ordine all’esistenza del vincolo concordatario.
Le medesime conclusioni valgono, a maggior ragione, per la trascrizione del decreto di omologa del concordato sui beni del terzo, non essendo essa prevista dalla legge fallimentare neppure in relazione ai beni del debitore.
Pertanto in caso di beni messi a disposizione da terzi il Commissario Giudiziale prima e subito dopo anche il Commissario Liquidatore dovranno verificare con attenzione se tali beni sono effettivamente nella disponibilità della procedura ed in base a quali strumenti.
E’ opportuno confrontarsi da subito con il Notaio che sarà poi incaricato di stipulare i negozi di trasferimento al fine di verificare i problemi che potrebbero sorgere da tali alienazioni di beni di terzi.
Tale attività generalmente non viene posta a carico della procedura ma bensì dell’aggiudicatario, al pari di ogni attività relativa alla verifica dei gravami e della provenienza in una vendita ordinaria.
[1]) Si ritiene (cfr. Cass. n. 6810/1988; Cass. SS.UU. n. 3749/1989) che tale patto contrario debba essere contenuto nel piano concordatario, onde evitare la stipula di accordi al di fuori della procedura che siano lesivi della par condicio.
[2]) Cfr. in tal senso Cass. SS.UU. n. 3022/2015 (emessa dopo che Cass. n. 3163/2014 aveva rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione), per la quale detto socio «è obbligato con la società nei confronti dei creditori e, come tale, non può considerarsi terzo rispetto ad essa, ma debitore per il solo fatto di essere socio tenuto a rispondere senza limitazioni dei debiti sociali. L’atto con cui il socio accomandatario rilascia garanzia ipotecaria per un debito della società non può, quindi, essere considerato costitutivo di garanzia per un’obbligazione altrui, ma va qualificato quale atto di costituzione di garanzia per un’obbligazione propria, con la conseguenza che il creditore dovrà essere pagato integralmente anche in sede concordataria». La pronunzia addiviene ad identica conclusione anche per ogni altra ipotesi in cui l’ipoteca sia stata concessa da un soggetto diverso dal debitore concordatario, ma avvalendosi di un diverso iter argomentativo.
[3]) Oltre all’espresso richiamo fatto dall’articolo 169 LF all’art. 45 LF, c’è l’art. 168 LF che prevede:
“1. Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore.”
- Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano.
- I creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall'articolo precedente. Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.